La condizionalità sociale: una sfida impegnativa

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Una delle più significative novità introdotte dal Regolamento UE 2115/2021 sulla nuova PAC, in linea con l’ esigenza di sostenibilità della politica agricola anche in una sua dimensione etico-sociale  è senz’altro la costituzione del c.d. terzo pilastro sulla condizionalità sociale.

Cosa sono i pilastri della PAC

La Politica Agricola Comune nasce nel 1962 con un’architettura affidata, per quanto riguarda le misure di sostegno finanziario agli agricoltori, ad un unico pilastro, ossia il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (FEAOG), in cui furono accentrate le divisioni di orientamento (con la funzione rispettivamente di sostenere lo sviluppo strutturale della politica comune e lo sviluppo delle zone rurali) e di garanzia (con la finalità di finanziare l’applicazione della politica sui mercati e sui prezzi).

Con l’approvazione della PAC 2007-2013, a far data dal 1 gennaio 2007, la struttura finanziaria della PAC ha registrato un’ evoluzione mediante la sostituzione del  FEAOG con due diversi pilastri rappresentati dai Fondi europei agricoli, aventi modalità di gestione e funzionalità completamente autonome: il FEAGA  (Fondo europeo agricolo di garanzia ) ed il FEASR (fondo europeo agricolo di sviluppo rurale).

Il Feaga finanzia o, in alcuni casi, cofinanzia con gli Stati membri, le spese dell’organizzazione comune di mercato (OCM), gli aiuti diretti alle imprese agricole, il contributo dell’Unione alle azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi, così come diverse spese specifiche dell’Unione, quali le azioni veterinarie nonché la raccolta e l’utilizzo delle risorse genetiche.

Il Feasr, invece, cofinanzia il miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale, le misure agro-ambientali, il miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali, la promozione della diversificazione dell’economia rurale, così come lo sviluppo di capacità locali.

Al di là delle  concrete scelte operate dai decisori europei circa la misura dei trasferimenti delle risorse stanziate per l’agricoltura verso e tra i due pilastri, la struttura della Politica Agricola Comune è stata mantenuta anche a valere per il periodo 2014-2020, che, tuttavia, si è protratto anche per il biennio successivo, sino al 2022 attesa la situazione pandemica da Covid 2019 che ha ritardato l’approvazione della nuova PAC che avrebbe dovuto, invece, abbracciate i periodo 2020-2027.

Il terzo pilastro della PAC

Il regolamento UE 2115/2021 introduce nella PAC un terzo pilastro, quello della c.d. condizionalità sociale.

In sintesi, il regolamento prevede che gli agricoltori e le  aziende agricole che non rispettino determinati standard minimi di tutela dei lavoratori non potranno ricevere i finanziamenti di cui ai fondi costituenti i due pilastri sopra descritti.

In particolare, gli standard minimi di tutela dei lavoratori sono riferiti all’osservanza delle direttive europee riguardanti la trasparenza delle condizioni di lavoro dei lavoratori agricoli, la sicurezza e salute  dei lavoratori sui luoghi di lavoro e la sicurezza e salute dei lavoratori nell’utilizzo di determinate strumentazioni (nello specifico, le direttive: 89/391/CEE del Consiglio, 2009/104 CE e UE 2019/1152 del Parlamento e del Consiglio).

La condizionalità non include, tuttavia, la tutela di livelli salariali minimi dei lavoratori, attese le diverse condizioni economiche presenti nei mercati del lavoro interni a ciascuno degli stati membri. 

Le aziende che non rispettano le suddette condizioni potranno perdere dal 15% al 100% di finanziamenti, secondo un piano sanzionatorio che ciascun stato membro dovrà prevedere nel rispetto dei principi di proporzionalità, effettività e dissuasività rispetto alle singole fattispecie di illecito.

La riforma richiede, dunque, la realizzazione, da parte di ciascun stato membro, di un sistema di collegamento tra l’attività di controllo  delle autorità nazionali (per l’Italia, in primis, gli Ispettorati del Lavoro) circa il rispetto delle condizioni di lavoro dei lavoratori agricoli e l’attività di erogazione dei fondi da parte delle altre autorità preposte a tal fine, che dovranno interloquire, si auspica, nel modo più celere ed efficiente, con l’obiettivo  di garantire la piena funzionalità del pilastro, senza  con ciò mortificare le aspettative finanziarie di tutti gli operatori in regola con la normativa sul lavoro.

La condizionalità sociale sarà obbligatoria a far data dal 2025, mentre potrà essere già facoltativamente introdotta dagli stati membri già a far data 2023.

Conclusioni

Pur nella consapevolezza della bontà della finalità della condizionalità sociale quale modalità attuativa di interessi e valori ampiamente riconosciuti, il mondo delle organizzazioni di categoria dei produttori agricoli denuncia, in chiave critica, il rischio di una eccessiva burocratizzazione della futura procedura, contrastante con le esigenze di celerità dell’erogazione di liquidità propria delle aziende ed, in ultima analisi, foriera di effetti distorsivi sulla concorrenza nel mercato, tenuto conto delle possibili differenze tra i vari sistemi di controllo nazionali e della presenza di operatori del settore irregolari, che non hanno interesse a fruire dei finanziamenti e che, dunque, rimangono intenzionalmente fuori dal suddetto quadro sanzionatorio.

A dette ragioni, a parere di chi scrive, andrebbe ad aggiungersi l’incidenza del contenzioso che trarrà origine dalle contestazioni di illecito,sia con riferimento alla eventuale sua efficacia sospensiva delle sanzioni comminate, sia con riferimento alla annosa questione della eccessiva durata dei processi. Non resta, dunque, che prendere atto della sfida di civiltà e giustizia lanciata dai decisori europei. Detta sfida dovrà essere, tuttavia, necessariamente riempita di contenuto e correttivi, onde uniformarne l’applicazione a livello nazionale, a tutela delle ragioni della concorrenza nel mercato interno ed in definitiva della stessa tenuta dell’intera politica agricola.

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Avv. Antonio Pivetti

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